Punto e a capo.
Seduto sul bordo del foglio
come un aquila adagiata su una roccia che contempla l’immenso nulla. Il cielo
azzurro sopra la mia testa; un pensiero senza pensieri in una mattina di
primavera. Aria nei polmoni e il vento sulla pelle. Silenzio, senza via di
scampo. Sopra di me le nuvole viaggiavano a velocità ridotta, come se volessero
far compagnia alla mia solitudine di idee. Movimenti immensamente piccoli,
riflessi di un presente che non esiste quasi. Un sospiro a ricordarmi che
invece forse ero vivo. Tutto era sommariamente inutile, anche la devastante
bellezza di quella natura. Oltre il mio sguardo si estendeva un mondo che
attendeva il mio ritorno. Una passeggiata stanca tra le montagne, una penna senza
inchiostro e un foglio bianco. Punto e a capo.
Nulla. Feci qualche
passo in più per vedere cosa c’era aldilà del sentiero, dietro a una roccia che
sfidava tutte le leggi della fisica. Decisi di salirci su, per dare un senso al
mio vuoto. Salì su e feci quello che forse ti sconsiglierebbero di fare anche in
un corso accelerato di arrampicata sportiva. Guardare in giù senza essere
appoggiato saldamente a nulla. Un mulinello d’aria catturo il mio respiro
cercando di aspirarlo nel profondo. Due passi indietro e uno in avanti. La testa
leggera che non riuscivo a farla tornare dritta nel baricentro del mio corpo. Le
mie mani cercavano di catturare l’inconsistenza dell’aria. Le gambe stavano
cedendo. Un passo in avanti e due indietro. Ancora uno in avanti.
Punto e a capo.
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