L’amore in ascensore (di Jacopo
Lupi)
Clam! Rumore sordo, tipico degli
uffici pubblici. Si aprono le porte di un ascensore davanti a due persone: una
donna molto avvenente, occhi come fari ampi nella notte che accecano d’azzurro;
e davanti ad un uomo, capelli asfaltatati, due lenti d’ingrandimento che
cercavano di mettere in risalto due occhietti minuscoli. I due si guardano una frazione di secondo. Lei,
Marla, segretaria, sorride come se le
avessero aperto la bocca con delle ganasce. Lui, Leuterio, impiegato all’ufficio
contabilità, timbratore alienato e frustrato. E’ un micro istante di pacati
cenni di intesa, poi entrano nell’ascensore. Sccc! Clam! Aleggia attorno ai due
quell’aria di imbarazzo mansueto. “Questo ascensore può trasportare fino a 320 chili!”
pensa Leuterio mentre fissa interessato la targhetta metallica che luccica. “Guarda
quanta polvere che c’è qui dentro!” pensa Marla mentre cerca di fissare lo
sguardo in un angolo remoto, dove spunta casualmente un filo appena accennato
di polvere. Magari sono amici su facebook ma lì è un altra cosa. Lì, in quella
situazione di contatto diretto e indissolubile la parola sembra venire meno e
blocca i pensieri.
2-3-4. Scorrono i numeri. Impazienza.
Accennano un ennesimo forzato sorriso. Imbarazzo. I due ruotano le pupille
tutt’intorno restando però immobili con il corpo per non invadere lo spazio
altrui. Pensieri. Finti alibi creati per non spiccicare nemmeno una parola. “Oggi
l’oroscopo sconsiglia le relazioni!” cerca di auto-convincersi Leuterio. “Si,
ma devo chiederle qualcosa prima che vada via” pensa, mentre non smette di
guardare la lamina d’acciaio che esprime in chili la portata dell’ascensore. “Potrei
chiederle se è sposata. Se ha figli. Se quella che vedo è una quarta
abbondante.” “Potrei andare su una frase da bacio perugina: due cuori che
tremano e poche parole per rendere eterno un istante! Originale!” Leuterio si
fa coraggio e si volta lentamente verso la ragazza che ora, lo fissa attendendo
qualcosa.
‹‹Ehm!›› esce fuori dalla bocca
di Leuterio come un concetto profondo. “Devo dire qualcosa, sto facendo la
figura dell’ebete!” pensa mentre si volta un micro secondo verso la lamina
d’acciaio chiedendole conforto.
‹‹Signorina, lei quanto pesa?››
‹‹ … ›› incredula.
‹‹No, chiedevo per controllare se
l’ascensore regge!››
‹‹ … ›› sconforto.
Leuterio stava provando la voglia
di morire in quell’istante, fulminato dal dio dell’amore che aveva osservato
l’abile tecnica di un don Giovanni inutile a se stesso. “Ma questo cosa vuole?”
pensa Marla fissando Leuterio.
4-5 Clam! L’ascensore di colpo si
blocca. La luce si spegne. Un filo che a fatica si muove, poi si ferma. La
campana di emergenza che comincia a suonare.
‹‹Succede spesso, devono farlo
controllare!›› dice Marla e continua ‹‹Si sente male?›› Leuterio comincia a
strabuzzare gli occhi a intervalli regolari alternati da una respirazione
indecisa.
‹‹Soffro di claustrofobia e asma
invadente!›› lo dice mentre comincia a respirare a fatica anche se l’aria non
scarseggia.
‹‹Stia tranquillo, due minuti e
ci tirano fuori!›› fa la ragazza ostentando una sicurezza totalmente in
contrasto con il respiro affannato di Leuterio. “Che figura da ebete che sto
facendo!”
‹‹Si sente meglio?›› la ragazza
posa una mano sul braccio di Leuterio che ha un sussulto che non riesce a
trattenere.
‹‹Si, ora passa›› sorride
cercando di prolungare all’infinito quel sorriso a trentadue denti per
folgorarla con quel giallo, tendente al nero, che fuoriesce dalla sua bocca
sapor caffè. Lei lo guarda, inorridita per il putridume in evidente stato di
decomposizione ma cerca di ostentare un sorriso intriso di ribrezzo. “Guarda
come mi sorride, è cotta di me!” pensa Leuterio mentre cerca parole per far
cadere ai suoi piedi quella preda così ambita tra gli animali del sua rango.
‹‹Speriamo che non ci liberino
subito!›› uscì fuori dalla bocca di Leuterio.
‹‹…›› Marla titubante e confusa,
“Ma questo è scemo o cosa?” Leuterio viaggiava con la mente mentre pensava a cosa
avrebbe potuto dirle per farla sua definitivamente: “Potrei dirle: non pensavo
proprio di incontrare in ascensore la donna della mia vita”. Poi lei si sarebbe
voltata verso di lui e gli avrebbe chiesto di essere baciata come mai in vita
sua. Bacio. Sesso. Matrimonio. Figli. Lavoro. Avrebbero fatto tutto questo insieme.
Gli anniversari da ricordare. I figli che crescono e vanno via di casa. L’amore
per una donna ancora non sua ma, ormai, era questione di attimi.
Clam! Rumore metallico. Un filo
che riprende a camminare sulla giuntura d’acciaio. La campanella che smette di
strombazzare. La luce si accende e l’ascensore riparte stranamente veloce.
5-6 Clam!Sccc! Le porte
metalliche dell’ascensore si aprono davanti ad una donna e ad un uomo che non
si guardano più in faccia. Marla fugge via. Leuterio restò lì, forse per sempre.
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